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Quando ero piccola andavamo ogni anno in montagna. Era un paesino
piccolissimo, poco sopra il lago di Como, dove non c'era quasi nulla
da fare; in effetti passavamo le giornate giocando vicino alla
chiesa, in un parchetto che aveva solo due altalene malmesse e uno
scivolo semi arrugginito.
Una
volta, avrò avuto circa nove anni, mi sono persa.
Ero
seduta a un tavolino del bar dell'albergo e leggevo un libro, mi
sembra “Lo Hobbit”; quando scese mia madre e mi chiese se avessi
voglia di andare con lei e mia sorella più piccola a fare un giro,
io rifiutai: ero troppo presa dal mio libro, e non mi andava
assolutamente di interrompere la lettura.
Sarà
passata un'ora, o anche meno, e decisi di raggiungerle, solamente che
non ricordavo per niente dove fossero andate; già allora, quando ero
particolarmente immersa in un racconto, non ascoltavo nulla di ciò
che mi veniva detto. Chiesi agli altri clienti del bar (erano sempre
gli stessi, ormai ci conoscevamo tutti) se sapessero dove fosse mia
madre, ma a quanto pare ognuno pensava che fosse andata in un posto
diverso. Comunque, il paesino era molto piccolo, per cui decisi di
cercarla per conto mio.
Percorsi
la via principale, superando il piccolo negozio di alimentari con le
pareti rosa stinte e la gigantesca scritta, di un rosso scolorito
“ALIMENTARI-MACELLERIA”. Era quasi ora di pranzo, e per strada
non c'era nessuno, nemmeno le vecchiette che facevano l'uncinetto
sulle panchine fuori dalle case.
Ad
un certo punto arrivai in vista della chiesa: era quasi la fine del
paese, e non avevo ancora trovato mia madre. Gironzolai ancora un
po', inoltrandomi negli stretti vialetti che si diramavano tra le
case, fino a quando arrivai in una zona che non conoscevo.
Da
lontano mi sembrava di sentire mia madre che chiamava il mio nome; mi
girai, convinta di vederla arrivare, una macchia scura contro il
verde dei prati che circondavano le case in pietra grigia. Invece
dietro di me c'era solo la strada vuota, che verso l'orizzonte
diventava tremolante a causa del gran caldo. Non si sentiva un
rumore.
Iniziai
ad agitarmi; non sapevo con certezza dove mi trovassi, e soprattutto
come avrei fatto a tornare indietro. Le case sembravano diventare
sempre più alte e soffocanti, non riuscivo quasi a vedere il cielo.
Improvvisamente, dal balcone di una grande casa che non avevo mai
visto, uscì una donna molto giovane, vestita di bianco. Mi chiese se
avessi bisogno d'aiuto, e io le spiegai che mi ero persa, che stavo
cercando di trovare mia madre. Prima che lei potesse rispondermi,
sullo stesso balcone uscì una signora sui sessant'anni, che intimò
alla donna di rientrare e di pensare ai fatti suoi. Senza la minima
protesta lei si affrettò dentro con un'espressione malinconica, e la
signora chiuse le ante di legno scuro, abbandonandomi lì, in attesa
di una qualche risposta.
Ero
di nuovo sola. Incominciai a correre e a gridare “Mamma! Mamma!”,
senza sapere bene dove mi stessi dirigendo; per strada non c'era
nessuno, le case sembravano vuote e il caldo era asfissiante.
Inciampai
diverse volte, le ginocchia sanguinavano e mi facevano male; avevo la
faccia sporca di lacrime e terra e non riuscivo più ad urlare. Caddi
per l'ennesima volta, ma quando alzai lo sguardo mi ritrovai davanti
il negozio di alimentari,con la sua facciata rosa e la sua scritta
scolorita. Di fianco alla porta d'entrata c'era mia madre, che mi
aspettava sorridente: “Continuavo a chiamarti - mi disse – non
sentivi?”
Ero
tornata».